La dittatura dei «diritti umani» - [2]
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La puntata precedente (QUI) si concludeva con domande molto dense e impegnative:
perché i diritti umani non sono chiaramente definibili? Quanti sono? Come è stato possibile giungere a tanto completo ribaltamento della realtà?
Prima di addentrarmi nella risposta, segnalo alcune notizie di cronaca, che hanno la nefasta radice comune nella dittatura dei così detti diritti umani:
- La Conferenza episcopale tedesca apre all'aborto (QUI).
- Circolare n. 136 - Assemblea d'Istituto Liceo Scientifico Statale Leonardo da Vinci (QUI). Assemblea tutta incentrata sull'omosessualismo.
- E Barilla annuncia la sua adesione al club Lgbt dell'Onu (QUI).
- Unesco: l'educazione sessuale che espropria i figli ai genitori (QUI)
- Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu): "No all'esonero dai corsi di educazione sessuale" (QUI).
- La vita di Isaiah Haastrup non è degna di essere vissuta, il piccolo deve essere ucciso. In Gran Bretagna, nel 2018, l'eugenetica omicida pare essere diventata la prassi (QUI).
- Se i credenti devono essere testimoni di fede, per qualcuno Gesù dovrebbe invece essere un testimonial di un paio di jeans. La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) dà ragione all'azienda di vestiti e condanna la Lituana a rifonderle i danni perché ha violato la sua libertà di espressione (QUI).
- La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la CEDU di Strasburgo, organo del Consiglio d'Europa, ha deciso che Ines non ha una vita degna di essere vissuta (QUI).
Notizie che sono la chiara evidenza della profezia di Leone XIII nell'enciclica Libertas:
Una volta confinato nella sola e unica ragione umana il criterio del vero e del bene, la corretta distinzione tra il bene e il male sparisce. […] Nell'ordine pubblico, poi, il potere di comandare viene separato dal giusto e naturale principio da cui esso attinge ogni virtù generatrice del bene comune; la legge, nello stabilire i limiti del lecito e dell'illecito, è lasciata all'arbitrio della maggioranza, che è la via inclinata verso il regime tirannico.
Profezia basata sul giusto uso della ragione illuminata dalla fede. Entriamo, ora, nel vivo delle aporie (problemi le cui possibilità di soluzione risultano annullate in partenza dalla contraddizione) inerenti ai così detti diritti umani.
Perché i diritti umani non sono chiaramente definibili? Prendiamo, a mo' di esempio, la definizione contenuta nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (QUI):
153 La radice dei diritti dell'uomo, infatti, è da ricercare nella dignità che appartiene ad ogni essere umano.305 Tale dignità, connaturale alla vita umana e uguale in ogni persona, si coglie e si comprende anzitutto con la ragione. Il fondamento naturale dei diritti appare ancora più solido se, alla luce soprannaturale, si considera che la dignità umana, dopo essere stata donata da Dio ed essere stata profondamente ferita dal peccato, fu assunta e redenta da Gesù Cristo mediante la Sua incarnazione, morte e risurrezione.
Fondamento dei diritti dell'uomo, dunque, è la dignità della persona. Niente da dire: anche i più biechi laicisti accettano tale definizione, se non che il problema è solo spostato di termine da diritto a dignità.
Dignità della persona, infatti, è espressione anfibologica, ossia un'espressione contenente un'ambiguità sintattica o semantica e dunque interpretabile in modi diversi a seconda del modo di leggerla (QUI per chi volesse approfondire la questione dell'opposto significato dato alla parola dignità).
La nozione di dignità non è univoca, se così non fosse non accadrebbe che alcuni, in nome della dignità, invocassero ad esempio l'eutanasia come diritto umano e altri, in nome della stessa dignità, all'opposto la considerassero un delitto. Il fatto è che, essendo un predicato morale, la nozione di dignità è intrinsecamente elusiva e va oltre i dati a cui si applica. Non è questione di applicazione del termine, ma del suo significato.
Faccio un esempio. Nel discorso morale la dignità funziona come la parola "democrazia" nel discorso politico: se ne possono negativamente indicare alcune condizione necessarie (ad esempio per la democrazia, la divisione dei poteri, il suffragio universale, la libertà di stampa, ecc.) ma non tutte quelle positivamente sufficienti.
Questa tessitura aperta della nozione di dignità (come quella di democrazia) non la rende priva di significato, ma fa sì che se la dignità della persona è il fine morale e i diritti umani i mezzi per conseguirlo, o la dignità è la premessa e i diritti le conseguenze, allora la nozione di dignità, essendo aperta, è un generatore indefinito di diritti. Ad esempio, il diritto alla vita si estende al diritto alla propria integrità e questo ai diritti inerenti alla nozione d'integrità, che non si può precisare con formule esaustive al pari di felicità, auto-determinazione, ecc.
La conseguenza è che ogni tentativo di redigere un elenco di diritti umani è destinato inevitabilmente a concludersi con una sorta di "clausola eccetera".
I diritti umani sono quel vaso di Pandora che è noto come il fenomeno della proliferazione illimitata dei diritti umani.
Non esiste una tavola della legge dei diritti dell'uomo, ma esiste, piuttosto, una cornice della legge, un principio ispiratore di riferimento, necessariamente ampio e generico. Ciò non può che preoccupare i giudici della legge, se vogliono essere letterali, o rallegrarli, se intendono essere creativi.
Le sentenze creative dei giudici sono una logica conseguenza di questo approccio che rifiuta Dio, elevando l'uomo a misura di se stesso. Pertanto, Giovanni Paolo II scrive in EV n.11 che esiste
"un altro genere di attentati, concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di "delitto" e ad assumere paradossalmente quello del "diritto", al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l'intervento gratuito degli stessi operatori sanitari".
In realtà, il passaggio da "diritto" a "delitto" non è propriamente un paradosso, ma una logica conseguenza del fondamento anti-umano dei diritti dell'uomo, dovuti al liberalismo.
Norberto Bobbio ha scritto che "il problema di fondo relativo ai diritti umani non è tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli". Ma una giustificazione è pur sempre necessaria se non si vuole proteggere ciò che non è giustificabile. Invece, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) difende proprio l'ingiustificabile distruzione della dignità umana in nome dei diritti dell'uomo, fondati sull'auto-determinazione del peccato originale: "sarete come Dio"!
In realtà, esiste una e una sola giustificazione dei diritti dell'uomo ed è la loro dipendenza dai doveri verso Dio, esplicitati nella legge morale naturale. Questo era già stato intuito da Platone: "Non l'uomo, ma un dio deve essere la misura di tutte le cose". Il Dio, misura di tutte le cose, non è uno qualunque, ma il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che ci ha creato tutti a sua immagine e somiglianza e che in Gesù Cristo ci ha reso figli adottivi del Padre: la dignità dell'uomo ha qui le sua base, il suo criterio e la sua gerarchia.
Escludendo Dio, invece, i diritti dell'uomo diventano i mattoni dell'odierna torre di Babele. Questi mattoni, però, sono auto-distruttivi e faranno crollare la stessa torre: l'autofagia dei diritti dell'uomo è un clamoroso dato di fatto. Se si rifiuta la legge morale naturale, se si rifiuta Dio, non esiste un criterio per stabilire che un diritto è più cogente di un altro, perché per fare ciò è necessario usare proprio ciò che si rifiuta in partenza ossia Dio. Il filosofo Marcello Pera, nel suo libro "Diritti umani e cristianesimo", lo spiega bene:
Questo fenomeno provoca un paradosso: considerati come diritti non-positivi, i diritti umani finiscono per diventare positivi per altra via. Come se Giano perdesse la faccia morale a vantaggio di quella solo legale. Si realizza, in modo diverso, quello contro cui Pio IX aveva scagliato un suo anatema: lo Stato diventa fonte di tutti i diritti. Ciò che è inerente alla persona, e dunque per definizione non è nella disponibilità dello Stato, finisce col dipendere da ciò che di volta in volta è deciso da un organo dello Stato o sovra-statale. Nati come scudo protettivo contro l'interferenza dello Stato, i diritti umani diventano l'arma positiva dello Stato che perfora lo scudo.
Si consideri il caso dell'aborto. Come nasce questo "diritto"? Tramite una serie di passaggi ciascuno dei quali, presentandosi come una prosecuzione logica del precedente, ha una forza irresistibile. Si comincia con il diritto alla vita. Chi ha diritto alla vita ha diritto a una vita degna o ad "una vita veramente umana", come dice il cap. 26 di GS; chi ha diritto ad una vita veramente umana ha in primo luogo il diritto a che non sia ostacolata da interferenze altrui; chi ha diritto ad una vita non ostacolata ha diritto ad auto-determinarsi; e chi ha diritto ad auto-determinarsi ha diritto a rimuovere gli ostacoli che possono limitarlo. A quel punto, interviene un parlamento o una corte giurisdizionale a riconoscere che una madre, la quale ritenga che un figlio ostacoli la sua vita fisica, sociale e morale, ha diritto ad abortire. E così si produce l'autofagia: il diritto alla vita finisce con l'implicare il diritto alla soppressione della vita; in generale il diritto alla dignità della persona finisce con implicare il diritto alla distruzione della persona.
Il diritto alla dignità della persona finisce con implicare il diritto alla distruzione della persona, come nei casi di Eluana Englaro, del piccolo Charlie Gard, della giovane Inès e, cronologicamente ultimo, del piccolo Isaiah Haastrup.
L'espressione anfibologica "diritti umani", allora, diventa l'esca che nasconde un amo infernale:
"piscis gaudet quando hamum non videns escam devorat", come prudentemente ci ricorda Sant'Agostino.
Andrea Mondinelli
[fine seconda puntata]